
di Roberto PECCHIOLI
La notte porta consiglio. Al risveglio dopo un sonno insolitamente tranquillo, ho scoperto la verità, quella maiuscola, definitiva. Ho afferrato in un lampo che squarcia un buio senza stelle, il senso della vita. Di colpo, senza pensarci, come un dono insperato. Mi affretto a comunicarla di getto, senza troppo riguardo per grammatica e sintassi. Il fatto è che sono nato involontariamente, che tutti siamo nati involontariamente. Non ho scelto tempo, luogo, sesso, situazione, aspetto, inclinazioni. Tanto meno genitori e parenti, tutte le mie identità sono “ascritte”, come dicono i sociologi, fotografi dell’umanità più dei filosofi, che si sforzano di dare giudizi. Papà e mamma mi hanno gettato, anzi scaraventato in questa confusione. Heidegger chiama proprio “gettatezza” – geworfenheit- questa condizione esistenziale. Ecco l’origine di tutti i mali, di tutte le debolezze, dell’imperfetta condizione umana. Non abbiamo scelto noi. Papà e mamma l’hanno fatta grossa, oltretutto utilizzando, per concepirmi, un metodo ben poco scientifico, l’incontro aleatorio, casuale, dei gameti. Peggio che lanciare un dado per aria. Non ci sto.
A pensarci bene, volevo nascere più bello, più ricco, più cinico, più ambizioso. Invece no: hanno fatto tutto loro, Aldo e Ines, genitore 1 , mamma o genitore gestante, e genitore 2, il babbo del buio passato. Non mi hanno interpellato, poi mi hanno cresciuto come pareva a loro – e alla società- inculcandomi strane cose chiamate valori e principi. Mi hanno addirittura battezzato nei primi giorni di vita. Come si sono permessi ? Mi hanno insegnato cose inutili e – a conti fatti- sbagliate, l’onestà, la lealtà, la responsabilità. Mio padre mi ha perfino insegnato ad amare la patria, il luogo in cui casualmente siamo nati e cresciuti. Non gli perdonerò mai di avermi trasmesso il tifo per una squadra di calcio che perde spesso, la Sampdoria. Lasciato libero, sarei del Real Madrid.
Insomma, hanno fatto tutto loro. Perché dovrei amarli, coltivarne la memoria adesso che non ci sono più ? Ho la loro faccia, il colore degli occhi, la camminata, lo stesso raro sorriso. Come si sono permessi, ripeto. Ecco il male da estirpare. Per fortuna l’ultimo tratto della vita lo trascorro nel tempo in cui è tutto fluido, revocabile, in cui è il soggetto a comandare. Era ora. Se avessi scelto da me, che goduria. Intanto sarei nato quarant’anni dopo, poi avrei preferito un nome neutro, che so, un codice, Alfa Omicron 2. Avrei valutato se conviene il genere maschile, quello femminile , o meglio di tutti, il neutro cangiante. Oggi Pippo, domani Silvana, oggi qui, domani là. Perché limitarmi a un “orientamento sessuale” banale, scontato, noioso ? Lo confesso: mi piacciono le donne, sono normale, almeno secondo i vecchi parametri. Meglio il brivido, scegliere secondo l’umore, la giornata, l’emozione, il sentimento impalpabile che ha sostituito tutti gli altri.
Pretendo il consenso informato. Un giorno l’avremo, e in qualche modo oggi ancora inconcepibile, prima di nascere potremo scegliere chi e come essere, rimandare la nascita a tempi migliori o rifiutarla, abortirci da soli. Scegliere, insomma. Finalmente la postmodernità ha raggiunto il suo apice: siamo non come vuole natura e realtà, ma come ci piace, come ci percepiamo, ora, adesso, in maniera revocabile e insindacabile. Ci sono uomini-gatto e uomini- cane in quanto si percepiscono tali. Io sarei un uomo orso.
Giacomo Leopardi chiedeva alla luna il senso della vita. “Se la vita è sventura, perché da noi si dura?” Ovvio, perché non abbiamo scelto noi. Al poeta, peraltro, le cose non erano andate bene fin dall’inizio: ricco e nobile, ma brutto, piccolo, ingobbito. In più afflitto dalla nascita indesiderata in un “borgo selvaggio”, la dolce Recanati. Per forza che Silvia lo ha mollato, che la vita non ha mantenuto le promesse del sabato del villaggio e che il poveretto detestasse le “magnifiche sorti e progressive”. Nacque troppo presto: oggi risolverebbe i suoi problemi, la tecnica gli darebbe l’agognata felicità. La felice contemporaneità ha ridotto tutto a merce; il cliente ha sempre ragione. Presto si potrà ordinare il prodotto di se stessi, il catalogo online in cui ciascuno sceglierà e creerà chi e come essere. Ecco la felicità. Altro che Aldo e Ines. Il futuro sta per mettere le cose a posto. Inventeranno, per facilitare la scelta, un marchingegno, qualcosa tipo l’Aleph di Borges, “ il luogo dove stanno, senza confondersi, tutti i luoghi dell’orbe, visti da tutti gli angoli. “ L’Aleph rappresenta la possibilità di conoscere tutto; tuttavia chi lo trovò – un noioso uomo del passato- non riuscì a essere felice poiché nulla lo sorprendeva più, tutto gli sembrava già conosciuto. Che bello, invece, per l’umano di domani sapere tutto, prevedere tutto, con incorporato il chip definitivo, il tecno Aleph che permetterà di portare al massimo le emozioni e saprà fermare l’attimo. Fermati, attimo, sei così bello, supplica Faust, pronto all’accordo con Mefistofele che gli dette tutto in cambio di niente, l’invenzione umana chiamata anima.
L’uomo postmoderno è creatore di se stesso: fabbro e Dio. Mi percepisco, mi costruisco e , se mi salta il ticchio, mi decostruisco. La vita è un passaggio, comprate da me, gridava al mercato un commerciante filosofo della mia infanzia. Aveva capito tutto: è il transito il nostro destino, dunque diventiamo trans. Corriamo da una parte all’altra senza fermarci, mutiamo d’accento e di pensier, come la donna mobile del Rigoletto, un’aria da denunciare alla psicopolizia per sessismo. Se diventeremo trans, tutto sarà risolto alla radice. Che cos’è tutta questa retorica sulla natura ? Già mi ha fatto bruttino, un po’ corto di vista. Voglio cambiare, ai tempi supplementari. Innanzitutto, basta maschio , bianco, attratto dalle donne, credente e sampdoriano. Papà e mamma, la dannata società eteropatriarcale, i preti, mi hanno insegnato pessime cose. Ma era davvero ciò che volevo sapere, imparare, essere? Ho un altro lampo: vedo me stesso mentre applaudo Elly Schlein e Emma Bonino; esulto a un gol del Genoa, poi rido di chi entra in una chiesa, sventolo la bandiera arcobaleno, guardo con attrazione un ragazzo. Un brivido, l’ orrore, non sono più io, ma è un attimo. Va bene così, questo è il tempo invertito. Nato per volontà altrui, sono come natura ha voluto: devo cambiare. Conta la volontà: simile a Vittorio Alfieri, volli, fortissimamente volli.

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