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• Rutilio Sermonti

Da un momento all’altro, era inevitabile.
A novant’anni, un uomo ha compiuto l’arco della propria vita biologica. E Pio era un uomo che viveva, e vive tutt’ora, ben altra vita che quella, un bel pezzo della quale continua nel suo vecchio amico Rutilio e continuerà nei suoi e nei miei allievi.
Non di meno, la notizia che il suo grande cuore aveva cessato di battere mi ha percosso come un randello, lasciandomi pesto e gemente, come un guerriero come Lui e me non dovrebbe mai essere.
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Lo ricordo giovanissimo, nel ‘48, quando percorrevamo a piedi, a notte fonda, le strade di Roma, levitando in ispirito al di sopra della melma ripugnante di cui la “liberazione” stava sommergendo la nostra Patria. E ricordo bene le sue lucidissime diagnosi, che mi insegnavano a non tenere alcun conto della cronaca spicciola del battibecco “politico” inscenato dai “parlamentari” di ogni tinta: diagnosi che gli anni successivi hanno puntualmente confermato.
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Nei primi anni ‘50, ci trovammo poi ad abitare a pochi passi, a Roma: lui a via Antonelli e io a via Chellini (la stessa strada che cambia nome), e potemmo quindi molto intensificare i nostri contatti. Si accinse persino all’ardua impresa di insegnarmi l’arabo (insultandomi perché non riuscivo a pronunziarlo in modo decente), e in seguito mi coinvolse nell’attività speleologica di un’associazione da lui fondata allo scopo di formazione dei giovani: l’URRI (Unione Rinnovamento Ragazzi d’Italia).
Mi ricordo che, con quelli dell’URRI, riuscimmo avventurosamente a portare alla luce a Sarteano (Chiusi) uno scheletro di orso delle caverne, 400 metri sotto la superficie.
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Trascorrendo gli anni, nella sua incredibile capacità (e tenacia) di apprendimento, Pio era giunto a padroneggiare perfettamente ben 22 lingue, compreso il gaelico e il basco, e i suoi studi orientali lo avevano talmente affermato come Maestro nei culti e filosofie orientali, da meritargli, quasi obbligatoriamente, la cattedra in materia presso l’ateneo napoletano.
Il suo ascendente era tale che, non ricordo bene in che anno (c’era ancora lo Shāh) fu convocato a Teheran un congresso teleologico musulmano. Ebbene, a presiederlo, come massimo sapiente, fu chiamato Pio, che non era musulmano, ma che, evidentemente, i più autorevoli ulema pensavano che, in fatto di Islam, ne sapesse più di loro!
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Ma la vera grandezza di Pio Filippani-Ronconi deve riconoscersi nel fatto che, nelle sue multiformi conoscenze, egli non era affatto quel che si dice un “eclettico”.
Pio era un monolite di basalto, senza la più insignificante crepa.
Quando praticava l’Ai-chi-do o lo Yoga o quando scriveva dell’Ummu ‘l-Kitāb, quando iniziava alla meditazione i ragazzi dell’URRI o quando saliva in cattedra a Napoli, era esattamente lo stesso Pio che, sessant’anni addietro, aveva conteso il passo, metro per metro, Panzerfaust alla spalla e Kragenspiegel neri, a Nettuno, ai barbari invasori.
Lo stesso che abbiamo visto e talvolta ascoltato per decenni ai nostri convegni di combattimenti dell’onore.
Lo stesso viso ieratico, lo stesso sguardo limpido, la stessa mistica. Senza mai concedere la minima briciola all’opportunismo o al quieto vivere.
Un monolito tale, che i servi della sovversione non sono riusciti mai neppure a calunniare (e dire che sono bravissimi!).
Oggi, in questo giorno di solenne mestizia, salutando tutti il suo feretro sull’attenti, col rito guerriero, tutti noi, giovani e vecchi, uomini e donne, rendiamogli gli onori facendo tesoro del suo più alto insegnamento: sii quello che sei e cammina dritto.
• Rutilio Sermonti
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• tratto da “L’Orientalista Guerriero” a cura di Angelo Iacovella edito da il Cerchio;
• le foto di Pio Filippani-Ronconi sono tratte dai testi “L’Orientalista Guerriero” e “Sentire - Pensare - Volere, Storia della Legione Es*e Es*e italiana” di Sergio Corbatti e Marco Nava, edito da Ritter.
*Valentina Carnielli

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