“Liberiamoci dall’Occidente che non ci ama e non ci desidera. Voltiamo le spalle all’Occidente, sempre più sterilizzato, infetto e disonorato da ostinate ingiustizie e servitù. Separiamoci dal degenerato Occidente che, dimenticando di racchiudere nel suo nome “lo splendore dello spirito senza sole”, è diventato un’immensa banca al servizio della spietata plutocrazia transatlantica. L’Italia che «è solo grande e solo pura», l’Italia delusa, l’Italia tradita, l’Italia povera, deve volgersi nuovamente verso Oriente, dove era fisso lo sguardo dei suoi secoli più orgogliosi.”
Gabriele D’Annunzio, “Libro ascetico della giovine Italia”
Occidente e Oriente sono tra le principali coordinate che caratterizzano il nostro spazio, tanto quello fisico-geografico quanto quello politico-ideologico. Entrambi questi termini sono di derivazione latina: Occidente deriva dal participio presente del verbo occidĕre, in questo contesto traducibile come cadente, morente o tramontante; Oriente deriva dal participio presente del verbo oriri, dal significato opposto di nascente, sorgente.
Mentre il loro significato geografico appare immediatamente chiaro, e ne è attestato l’utilizzo fin dal latino classico, l’idea che “occidentale” e “orientale” portino con sé anche una caratterizzazione politica e di civiltà è invece una costruzione moderna, nata in seno alla riflessione romantica sul passato medievale e pienamente sviluppata nella contemporaneità. E’ ormai convenzionale porre le origini della “civiltà occidentale” nell’incontro della tradizione greco-romana con quella giudaico-cristiana che avrebbe portato come evoluzione naturale al liberalismo, allo Stato parlamentare, al libero mercato, ai “diritti dell’uomo”…in poche parole a tutto ciò che siamo abituati ad associare in chiave positiva al “nostro” mondo e di cui vogliamo constatare l’assenza nell’Altro, nella parte di ’Umanità non ancora “occidentale”. E’ infatti da notare come “occidentale” in questo senso perda qualsiasi connotato spaziale: la parte della penisola coreana occupata dagli Stati Uniti, il Giappone e l’Australia sono bastioni della “civiltà occidentale”, nonostante si trovino a Oriente dell’Europa. L’assenza di precise connotazioni spaziali è il riflesso della natura espansiva dell’Occidente. La “nostra” civiltà è vista non come una tra le diverse anime che compongono l’Umanità, ma l’unica vera civiltà, il punto d’arrivo della Storia umana, il fine teleologico a cui, inevitabilmente, tutti si dovranno conformare.
Questa visione è sicuramente andata in crisi con lo smascheramento dell’inganno sulla pretesa “fine della Storia” e con l’ascesa internazionale di poli esterni all’Occidente, ma ciononostante continua a caratterizzare il discorso politico euro-americano e a plasmare la coscienza di milioni di persone. L’idea stessa di Occidente, per come si è realmente manifestata nella Storia, è innatamente suprematista. Si fonda sulla gerarchizzazione dei popoli, sulla negazione della loro dignità, sull’idea che esista un “giardino ordinato” da contrapporre a una “giungla” che i “giardinieri” dovrebbero tenere sotto controllo, come spiegato incisivamente dall’ex-alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE Josep Borrell.
Si tratta di un’idea dalla quale dovremmo emanciparci. L’appartenenza all’Occidente è unicamente dato politico e ideologico che non riflette il percorso storico di una nazione. L’ideologia occidentale, che rivendica un passato plurimillenario, in realtà è figlia di pulsioni estremamente recenti collegate ai progetti suprematisti anglo-americani e agli interessi del capitale finanziario. I rimandi biblici, greci e romani non sono altro che tentativi di costruirsi un passato appropriandosi di percorsi storici altrui. L’Italia è “occidentale” in quanto provincia dell’impero statunitense, in quanto terra di saccheggio e occupazione per Wall Street e la City di Londra. E’ il nostro stato di sottomissione a renderci “occidentali”, a imporci questo modo decadente e arrogante di vedere il mondo, non certo la nostra, questa si esistente, plurimillenaria civiltà. L’Italia può quindi scegliere di non essere più “occidentale”, di rinunciare allo stesso tempo sia alla condizione di colonia americana che a una prospettiva suprematista che, culturalmente, non ci è mai appartenuta.
Ciò è di fondamentale importanza ora in quanto l’Occidente non minaccia più solo la nostra dignità e la nostra prosperità, ma la nostra stessa esistenza come nazione. Le tendenze disgregatrici del federalismo europeo e la ferma volontà di scatenare una nuova guerra mondiale per difendere un’egemonia ormai arrivata al capolinea rischiano di cancellare l’Italia in maniera forse irreversibile. La liberazione dell’Occidente è anche per noi questione di sopravvivenza, e oggi esiste un’alternativa possibile. Politicamente, economicamente, diplomaticamente possiamo guardare a “Oriente”, intendendo con ciò l’insieme delle nuove vitali forze che irrompono sullo scenario internazionale, dei nuovi modelli che si propongono, basati sul rispetto dell’indipendenza di ciascuna nazione e sullo sviluppo di un’interdipendenza fruttuosa, di un futuro incipiente che vediamo nascere mentre il vecchio mondo tramonta.


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